Back to office, o quasi: il rientro in ufficio si fa “ibrido”

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Smart working o ufficio? Questo è il dilemma

Nel 2020 la pandemia ha stravolto completamente il modo di lavorare delle persone. Milioni di lavoratori in tutto il mondo si sono trovati a dover abbandonare gli uffici, con la relativa routine quotidiana, per svolgere le loro mansioni direttamente da casa.

Solo in Italia, se nel 2019 i lavoratori che accedevano allo smart working erano poco più di mezzo milione, secondo il Politecnico di Milano col lockdown il numero ha visto una crescita a dir poco vertiginosa, superando i 6,5 milioni. 

Terminata la fase di emergenza più acuta, ora le imprese stanno iniziando a riportare gradualmente i dipendenti in ufficio. Tuttavia, lo scenario sembra cambiato drasticamente da quello pre Covid-19: oggi, infatti, lo smart working è qualcosa a cui molti lavoratori (ma anche molte aziende) non vogliono rinunciare. La possibilità di risparmiare tempo sugli spostamenti per recarsi al lavoro, o addirittura la facoltà di poter lavorare anche dall’estero o da luoghi lontani dalla sede dell’azienda (pensiamo ad esempio al fenomeno dei nomadi digitali) sono alcuni degli elementi principali che rendono ormai il lavoro agile qualcosa di difficile da abbandonare. 

Come si configurerà, quindi, il nuovo scenario lavorativo in Italia? Dai dati di alcune ricerche e da quanto emerge dall’approccio scelto da alcune grandi aziende che stanno rientrando in ufficio proprio in queste settimane, sembra proprio che si stia configurando una nuova normalità, in cui i momenti di condivisione e di presenza in sede si integrano in modo più ampio con il lavoro da remoto. 

Abbiamo raccolto in un’infografica alcuni dati e informazioni interessanti sullo smart working in Italia e sulle aziende che stanno adottando un nuovo modello di lavoro ibrido, senza tralasciare qualche informazione sul nuovo trend che si sta facendo pian piano strada nel mondo: quello della riduzione della settimana lavorativa